La rinnovazione del dibattimento è oggi il punto più critico del dibattito che interessa la compatibilità della condanna in appello col processo accusatorio. La nostra Corte di Cassazione è infatti chiamata a metabolizzare un importante insegnamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, che di recente ha riconosciuto una violazione del diritto all’equo processo (art. 6, § 1, C.E.D.U.) nel caso in cui il giudice d’appello condanni un imputato sulla base della rilettura delle dichiarazioni dei testimoni che in primo grado erano stati adoperati per prosciogliere, senza aver prima provveduto alla loro audizione diretta. Lo stretto spazio di conformità convenzionale, la tendenza culturale alla conservazione di un appello concepito come strumento di controllo e la preoccupazione per la già irragionevole durata dei procedimenti stanno inesorabilmente mutando la fisionomia dell’istituto previsto dall’art. 603 c.p.p., sostituendo alle vecchie certezze numerosi e nuovi dubbi. La presente rassegna si propone quindi di illustrarli, ripercorrendo criticamente tutte le tematiche e i contrasti che, dal 2011 – anno di circolazione della sentenza Dan v. Moldavia nell’ordinamento italiano – si sono andati sviluppando fino ad oggi
L'art. 603 c.p.p. dopo Dan c. Moldavia: un casebook / Aiuti, V. - In: GIURISPRUDENZA ITALIANA. - ISSN 1125-3029. - (2016), pp. 1002-1019.
L'art. 603 c.p.p. dopo Dan c. Moldavia: un casebook
AIUTI V
2016
Abstract
La rinnovazione del dibattimento è oggi il punto più critico del dibattito che interessa la compatibilità della condanna in appello col processo accusatorio. La nostra Corte di Cassazione è infatti chiamata a metabolizzare un importante insegnamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, che di recente ha riconosciuto una violazione del diritto all’equo processo (art. 6, § 1, C.E.D.U.) nel caso in cui il giudice d’appello condanni un imputato sulla base della rilettura delle dichiarazioni dei testimoni che in primo grado erano stati adoperati per prosciogliere, senza aver prima provveduto alla loro audizione diretta. Lo stretto spazio di conformità convenzionale, la tendenza culturale alla conservazione di un appello concepito come strumento di controllo e la preoccupazione per la già irragionevole durata dei procedimenti stanno inesorabilmente mutando la fisionomia dell’istituto previsto dall’art. 603 c.p.p., sostituendo alle vecchie certezze numerosi e nuovi dubbi. La presente rassegna si propone quindi di illustrarli, ripercorrendo criticamente tutte le tematiche e i contrasti che, dal 2011 – anno di circolazione della sentenza Dan v. Moldavia nell’ordinamento italiano – si sono andati sviluppando fino ad oggiFile | Dimensione | Formato | |
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